lunedì 31 marzo 2014

Piz Miara, 2964m e canale Nord

Quando ero rientrato in Germania, dopo quei fantastici 4 giorni di Scialpinismo con Andrea ad inizio mese, avevo quasi pensato: beh week end prossimo vado in Silvretta, ma abbiamo collezionato così belle discese che potrei anche smettere di sciare per questa stagione e sarebbe comunque da incorniciare...già, potrei smettere di sciare... L'alta pressione invade l'Europa l'ultimo WE di Marzo ed è previsto SOLE senza fine: quindi a che scopo sarei dovuto rimanere a casa?! Sento Andrea, questa volta ci sarebbe stato anche suo zio Umberto: l'idea iniziale era di andare a fare il Sasso Nero in Val Aurina. Poi quasi all'ultimo cambio di programma, si torna sul Sella, le condizioni sono ottime e visto che il fine settimana successivo è l'ultimo con gli impianti aperti sarebbe un peccato non cogliere questa occasione. Ammetto che la mia prima reazione è un pò incerta, mi sono frenato un istante pensando ai non pochi soldi che ho speso già questo mese e mi dico: mah forse andare di nuovo in Dolomiti e sul Sella significa strafare, dovrei stare un pò attento anche alle finanze. Ma questo dubbio dura poco, sono al telefono con Andrea e contemporaneamente su internet sulla pagina del Car Sharing per vedere se è rimasta ancora una macchina per il fine settimana...succede che la trovo e senza pensarci due volte l'ho anche riservata. Effettivamente anche Andrea non mi lascia spazio a dubbi: condizioni del genere non si trovano tutti i giorni e nella vita le occasioni non vanno perse. Cavolo se aveva ragione! Venerdì pomeriggio, questa volta in studio non c'è stress è pure fine mese e le mie ore le ho fatte, i miei progetti li ho chiusi...non c'è ragione di stare a lungo, così alle 16.30 esco e vado verso casa, recupero la macchina dal parcheggio e parto. Alle 22.00 esatte sono a La Villa in Val Badia, mi tocca pure aspettare Andrea che con suo padre e suo zio si era fermato a mangiare qualcosa per strada. Ci troviamo un momento al pub vicino casa per bere una cosa e parlare un momento del WE. Sabato Piz Miara, domenica vediamo, idee tante, qualcosa troviamo sicuro! Sabato di buon mattino partiamo io, Andrea e Umberto per il Passo Pordoi: alle 8.30 siamo già pronti con scarponi e zaino in spalla. Al parcheggio incontriamo una guida, Enrico, di cui non ricordo il cognome che conosce Andrea e Umberto e poi un'altra guida, Alberto de Giuli che mi ha fatto un certo effetto incontrare, perchè spesso e volentieri sono capitato sul suo sito, ricco di relazioni e foto che in più di un'occasione ci sono state molto utili.
Saliamo, c'è il tempo di un caffè e poi iniziamo la per così dire lunga traversata dell'Altopiano del Sella che ci porterà sul lato opposto rispetto al Sass Pordoi, veramente di front a questo, con il solco profondo della Val Lasties a dividere il massiccio. La traversata è molto piacevole, è relativamente presto quindi non patiamo il caldo e ci godiamo la neve in maglietta, il panorama è di quanto più suggestivo si possa avere, poco più di due ore e siamo alla croce di vetta: un colosso di 11m di altezza! Veramente pazzesco!
Guardando verso il Passo Pordoi però l'attenzione è tutta per il canale Holzer che da questo lato è veramente ben visibile: te lo puoi godere e ripensare a quei momenti magici, veramente una gran bella sciata. Tra l'altro visto da questa prospettiva mi ha fatto più impressione che scenderlo veramente appena due settimane prima. Dopo le foto di rito ci prepariamo a scendere, c'è un pò di cornice all'attacco del canale e un pò di accumulo, scendo io per primo e opto per farlo senza sci ai piedi. Lit tengo in mano e li uso a mò di picozza per scendere. Dopo qualche passo mi rendo conto che la situazione non è piacevolissima: la neve è molto inconsistente, sono senza ramponi e ho il presentimento che le tracce che batto possano cedere. Questa volta è proprio così: ad un tratto sotto i miei piedi c'è aria, il manto non ha retto e scivolo. Sono attimi che però si traducono già qualche decina di metri, io sono fermo e ripenso con piacere al mio primo corso di ghiaccio quando abbiamo allenato le tecniche per frenarsi su pendii nevosi...tutto tranquillo, non ci sono salti di roccia, sono in mezzo a soffice polvere però: mi ritrovo con solo uno sci in mano e vedo il secondo scivolare piano ma inesorabile verso valle...e soprattutto mi viene da imprecare perchè il Miara lo volevo scendere con gli sci e non a piedi! Non ci sto all'idea, quindi scendo e vado a recuperare lo sci che nel frattempo si è fermato almeno un centinaio di metri più in basso: fisso entrambi gli sci allo zaino e risalgo il canalone, frattanto visto quanto successo al sottoscritto, Andrea cala lo zio con la corda oltre la cornice e lui scende poi con sci e picozza in modo da distribuire meglio il peso e non rischiare di rompere la neve. La cosa va bene perchè io alla fine avrò tutto il tempo di tornare sù all'imbocco del canale prima che Andrea sia sceso completamente oltre il cornicione sommitale! A questo punto i due partono, io ho ancora il piccolo problema di riuscire a mettermi gli sci su un canalone di neve polverosa a 45° d pendenza: non senza difficoltà riesco nel mio intento e sebbene con un pò di disappunto per quanto appena vissuto (scivolare significa aver fatto un errore di valutazione e un errore anche senza conseguenze non va giù facile), posso finalmente godermi la sciata.
I primi a naso 200m di canalone sono i più impegnativi, la neve però è spettacolare e inoltre in confronto agli itinerari fatti appena un paio di settimane prima, 200m a 45° non sono niente per cui ci si possa impressionare: la sciata me la ricordo godibilissima in un ambiente tra i più suggestivi del Sella in quanto molto meno frequentato e più selvaggio rispetto alle discese sul lato del Pordoi (che sono indubbiamente più frequentate, anche quelle selettive). Dopo primi 200m, il canalone si allarga molto, dando la possibilità di pennellare belle serpentine trovando sempre una parte di manto vergine, questo fino alla calata. Il salto di roccia richiede una corda singola da 60m e gli ultimi 10m di calata sono veramente verticali, per cui è consigliabile togliere gli sci). Finita la calata, si traversa il vallone sottostante avendo cura di tenersi sulla sinistra, quindi si ritorna in un canale più stretto e ripido che passa sotto una palestra di roccia, in breve si arriva quindi sulla strada proprio all'altezza di Plan de Gralba in Val Gardena.
Qui troviamo il papà di Andrea che era andato a sciare per conto suo in pista, mangiamo qualcosa e iniziano il percorso del Sella Ronda in direzione del Passo Pordoi. Umberto si offre di recuperare la macchina e venirci a prendere ad Arabba, dandoci così la possibilità di goderci ancora un pezzo di discesa, al termine di una bellissima giornata con un altro "Must" del Sella in meno sulla lista.

domenica 23 marzo 2014

Dreiländerspitze 3197m, Scialpinismo - Silvretta

Questa è la mia seconda volta in Silvretta, sempre presso la Wiesbadenerhuette. Sto giro ci torno con la sezione nell'ambito di un corso, quindi è chiaro: abbiamo 4 giorni di tempo ma l'obiettivo principale non sono le cime. Il che è un peccato perchè le mie visite qui si riveleranno sempre molto magre di scalate, una volta meteo colpevole, questa volta la didattica!
Per fortuna per il penultimo giorno è pianificata una cima, quindi posso stare contento! Il Dreilaenderspitze si trova sul confine tra Vorarlberg, Tirolo e Svizzera, è una meta molto amata e anche frequentata per via della sua posizione molto panoramica. La cima è raggiungibile percorrendo il Vermuntgletscher, quindi risalendo il pendio NW della cima stessa fino a 3100m. Qui si lasciano gli sci e si continua per la cresta NW. La cresta non presenta difficoltà particolari, la letteratura da qualche passaggio di 2° grado che ci sta nel complesso, però è tutto molto breve: anzi fino all'anticima in pratica si cammina.
Giunti all'Oberer Ochsenjoch, non posso fare a meno di iniziare a navigare con la fantasia buttando l'occhio tra il Piz Buin e il Wiesbadenergraetle, quel canalone sembra dire: sciami! Mi riprometto di fare qualche ricerca a tal proposito!
Siamo un gruppo molto numeroso e io devo anche rientrare presto al rifugio, prima degli altri in quanto ripartirò il pomeriggio stesso per Stoccarda, purtroppo il giorno seguente dovrò volare in Turchia, quindi devo interrompere prima degli altri la mia vacanza. L'istruttore mi manda davanti a guidare il gruppo, decido di lasciare lo zaino al deposito con gli sci e parto. Arrivato all'anticima aspetto il gruppo e parlo con l'istruttore sul da farsi, fosse per me continuerei senza corda, ma nel gruppo non tutti sono abituati a questo genere di uscite e anzi credo che nessuno dei partecipanti abbia mai arrampicato con i ramponi su roccia. Decidiamo di allestire una corda fissa, quindi mi lego e vado avanti. La cima come detto è molto frequentata e di spazio ce ne è poco: il viavai di persone mi fa capire che prima di riuscire a far salire tutti i nostri fino alla croce di vetta ci vorrà un pò di tempo! Inizio ad innervosirmi pensando al lungo rientro, temo di fare tardi e di perdere l'ultima corsa del bus e della funivia.
Alla fine una volta giunto in cima fisso la corda e inizia a salire qualcuno degli altri, alchè urlo a Norbert, l'istruttore se posso iniziare la discesa, lui acconsente quindi effettuo il percorso a ritroso. La scena è in effetti abbastanza comica a pensarci: su un'esile cresta sfilo davanti a tutti gli altri, stringendo mani, salutando e augurando buona continuazione e buon divertimento. Durante la discesa mi intrattengo con una guida che mi chiede come mai stia lasciando il gruppo e gli spiego del mio rientro anticipato.
Pensandoci con il senno di poi è veramente qualcosa di assurdo: mi muovevo e comportavo come mi trovassi nel mio salotto di casa o al bar, senza il minimo pensiero, come se in quella situazione mi ritrovassi fino in fondo come se fosse normale. Ormai di montagne ne ho scalate, è inevitabile che ci sia una certa confidenza e abitudine, specie su itinerari relativamente semplici. Mai sottovalutare sia chiaro però non ci si può far niente: la percezione di quello che ti circonda crescendo (anche alpinisticamente) è diversa. Rientrato al deposito, sci ai piedi mi godo una rilassante e piacevole sciata fino al rifugio dove mi aspetta Oliver anche lui costretto (per una leggera indisposizione) ad anticipare il rientro. Le pendenze non sono mai elevate, il primo tratto comunque regala i suoi 30°.
Scendiamo a valle e con comodo ripartiamo per Herrenberg, qui prenderò il treno fino a Stuttgart: ammetto di aver provato un pò di imbarazzo perchè dopo 4 giorni di sport e vita all'aria aperta e soprattutto niente doccia, non deve essere stato il massimo per gli altri viaggiatori la mia presenza...

mercoledì 19 marzo 2014

Piz da Lec, 2910m - Scialpinismo

Siamo giunti all'ultimo dei nostri 4 giorni a disposizione, siamo al Passo Camporosso, sono le 5 di mattina e io sono sveglio: mi vado a sedere perchè disteso ho troppi dolori al collo, Andrea si rigira e lamenta anche lui dolori muscolari, la cosa mi solleva perchè almeno non sono il solo! Verso le 7 siamo in piedi e andiamo a Corvara, facciamo colazione in un bar e discutiamo il programma. Già eri avevamo pensato a questa cima nel gruppo del Sella perchè offre un'ascensione breve (pensando alle nostre povere gambe e prendendo gli impianti si intende) e una bella discesa sui 45°.
Giunti l parcheggio della funivia Boè, saliamo ocn la stessa e poi ne prendiamo un'altra di cui non ricordo il nome, questa ci porta a circa 2500m, da qui dobbiamo scendere tenendoci a sinistra in una conca per risalire a piedi un crinale fino ad una paretina di 10m circa attrezzata con scala e fune, una sorta di ferratina.
Io sono incredibilmente in forma, la notte non so come mi ha dato ristoro e il mio corpo risponde alla grande, anche Andrea è sorpreso della mia performance anzi mi urla di andare più piano se non voglio lamentarmi in discesa. Usciti dalla paretina ancora un tratto ripido e giungiamo su un pianoro dove possiamo rimettere gli sci. Proseguiamo e arriviamo ad una strettoia prima del tratto finale, stretta, con cornici e ripida, togliamo di nuovo gli sci e proseguiamo per questo infido tratto a piedi.
Ora siamo nel tratto finale, sci di nuovo ai piedi, io risalgo tenendomi sulla sinistra per risalire una dorsale che termina nella cresta che conduce alla croce di vetta. Andrea mi segue con qualche minuto di distanza. In cima il panorama è spettacolare, le Odle, le cime delle Dolomiti di Sesto, quindi le Tofane, il Sorapiss, l'Antelao, il Pelmo, il Civetta, la Marmolada e sul lato opposto il baratro sulla Val de Mezdì. Diamo un'occhiata al libro di vetta, non abbiamo trovato tracce di passaggio a meno che altre persone abbiamo pesato di lasciar perdere di scrivere qualcosa, siamo i primi dall'estate scorsa che tornano quassù.
Dopo una breve pausa, sci ai piedi e scendiamo diretti il pendio sotto la croce di vetta che ci offre una buona neve, ripassiamo per la strettoia sci ai piedi e ridiscendiamo fino ad un secondo pianoro, qui si deve lasciare la traccia di ascesa e ci si deve portare a sinistra dove superando una cornice ci si infila in bel vallone. Da questo punto in poi la sciata diventa un sogno: troviamo neve perfetta, polverosa, fantastica da scendere. Il vallone porta quindi ad una bella parete di almeno 45° che scendiamo una alla volta. Andrea come solito in discesa passa per primo, quindi tocca a me...Ricordo benissimo questo tratto, pennellando curve strette sul ripido (cosa che adoro fare) su una polvere magnifica...ho urlato dalla gioia ad ogni singola curva fino in fondo. Da qui le possibilità sono varie, ci infiliamo però nel vallone consigliato dalla relazione e ci ritroviamo in un canalone ripido, stretto e con neve crostosa che ci obbliga in qualche tratto e derapare con in mano la picozza. Alla base di questo si apre un vallone che conduce nel bosco, da qui si prosegue fino ad incrociare la strada che porta da Colfosco a Corvara.
Siamo al parcheggio e sono circa le 12.30, apriamo le nostre ultime due birrette, brindiamo a questi fantastici 4 giorni insieme e iniziamo l'ingrato ma obbligatorio compito di mettere tutto a posto nelle rispettive auto, cambiarci: puzziamo come capre, io chiudo ermeticamente i miei vestiti sporchi in un sacco perchè è meglio non descrivere l'odore acre che sprigionano...ma che ci dobbiamo fare? Questa è una conseguenza inevitabile dell'Alpinismo e della vita spartana all'aria aperta. Mangiamo ancora qualcosa insieme e verso le 14.00 ci salutiamo, ognuno riprende la propria strada. Andrea torna a Udine nella mia città natale e io riparto nella direzione opposta scendendo in Val Pusteria seguendo il solito itinerario fino a Stoccarda. Il vantaggio è che è lunedì e la strada è sgombra, 5 ore esatte e sono a casa. Scarico la macchina e con i finestrini aperti vado a Stoccarda Ovest dove c'è una stazione di "car wash" aperta anche la sera, ottima occasione per arieggiare l'abitacolo dopo 4 giorni di vita al suo interno e per lavare tutto quanto e riconsegnare il veicolo in condizioni se non perfette, quantomeno dignitose! Non passerà molto tempo prima che possa rimettere gli sci ai piedi, 4 giorni appena e sarò in Silvretta...ma anche questa è un'altra storia!

Cima Del Vento - Ahrnerkopf 3057m, Val Aurina

Questa è l'ascesa su una cima che non avevamo in programma. Sì perchè, come due idioti, dal parcheggio di Casere, siamo partiti in quinta, senza chiederci il perchè o il per come, senza dare un'occhiata alla carta o alla relazione. Convinti, straconvinti di stare effettuando la salita al Picco dei 3 Signori...rimaniamo di stucco quando giunti in cima capiamo di essere sulla montagna sbagliata...Impossibile a dirsi eppure è successo proprio questo: un istruttore del CAI e un signor nessuno con però 3 anni di Alpinismo sulle spalle, incappati in un errore veramente da principianti.
Poco male in realtà...arriviamo da due giornate perfette e questa volta il destino ci metterà sulla strada giusta ci farà scoprire una montagna bellissima dal punto di vista della discesa e ci consentirà di non spararci l'ultima cartuccia di forze per averne ancora ed affrontare il programma del Lunedì.
La cima in questione è sempre un 3000, l'ascensione richiede comunque 1500m di dislivello e un buon tratto in piano dovendo partire dal parcheggio. Quindi si tratta di una gita lunghetta e che richiede gambe. Nessuna difficoltà, si arriva in cima con gli sci, ci si può godere un grandioso panorama e le 4 ore di salita sono ripagate da una discesa bellissima: il tratto sommitale preso diretto arriva ai 45°, poi si procede per un bel fianco sui 25-30° per infilarsi in un bel canalone e scendere giù infine fino in valle. In ombra nel tratto finale crosta alternata a poca polvere, al sole una bella neve trasformata.
Andrea scende tranquillo e sereno, io ogni 50 metri una pausa la devo fare, non ho gambe, mi sento veramente stanco. Lui mi dirà la stessa cosa ma credo che un buon 15% in più di forze rispetto a me ce l'abbia. Arriviamo al parcheggio sfiniti...io sono quasi dell'idea di interrompere il WE perchè non credo di riuscire a ripredermi per il Lunedì. Dichiaro la cosa al mio amico e leggo la sua delusione all'idea di tornare a casa: non posso dargli torto abbiamo ancora un giorno e condizioni così perfette di neve e meteo sono rare...dobbiamo battere il chiodo finchè è caldo! Ripartiamo in direzione Brunico perchè dobbiamo mettere qualcosa sotto i denti e oggi abbiamo deciso di andare a mangiare qualcosa fuori: mai prendere decisioni a stomaco vuoto! Arriviamo a Brunico e dopo un paio di tentativi troviamo una birreria aperta. Ordiniamo due portate principali a testa, suscitando la sorpresa della cameriera che ci dice che è un pò troppa roba. Inutile dire che spazziamo via tutto quanto come due animali. Ripartiamo alla volta della Val Badia, per chiudere in bellezza il programma con il Piz da Lec, parcheggiamo al passo di Campolongo questa volta niente birrette e chiaccherate serali, ci addormentiamo subito come sassi.

giovedì 13 marzo 2014

Sass de Putia, Canalone Nord

Quando appena l'anno scorso scendevo per la prima volta con Andrea un canalone dolomitico, la Val de Mezdì, mai avrei immaginato a distanza di un anno di affrontare questo itinerario e di scenderlo con soddisfazione alla faccia della pendenza. Siamo al Passo delle Erbe, un angolo incantevole nel Gruppo del Puez, incantevole per il panorama eccezionale: il Sass de Putia che si staglia isolato, tutt'intorno prati e spazi aperti. Un contrasto incredibile: come un castello, una fortezza, con una linea che divide la montagna a Nord, un canalone che il mitico Heini Holzer ha trasformato in un itinerario di ripido sicuramente unico in Dolomiti.
Si tratta di una discesa di 750 metri, di cui un 500 nel canalone vero e proprio, con pendenze importanti: 45° e un settore dato a 50°, in una gola in certi punti larga poco più della lunghezza stessa degli sci, e con 2 salti rocciosi, uno che richiede una calata in doppia, l'altro si può aggirare a sinistra, pensando però bene a non cadere nel tratto precedente. Arriviamo da un giorno molto fortunato sul Sella, ma questa gita è diversa: è un itinerario non solo di free-ride ma anche alpinistico, dobbiamo arrivare con i nostri mezzi in cima al canalone, e siamo soli perchè è una gita molto selettiva. Innanzitutto servono condizioni che raramente si trovano: tempo stabile, freddo di notte, stagione avanzata in modo da essere certi che il canalone abbia già scaricato e il freddo eviti che qualcosa possa venir giù dai lati. In secondo luogo è una gita dove è importante saper sciare con una buona tecnica e allo stesso tempo saper arrampicare, creare ancoraggi e calarsi.
Decidiamo di risalire il canalone stesso per poi scenderlo, come consigliato dalla relazione, in modo da memorizzare i passaggi difficili e individuare in caso presenza di pericoli a priori, ad esempio tratti di discesa ghiacciati. Non esattamente una passeggiata: per risalire il canalone dalla macchina (quindi con l'avvicinamento) impiegheremo 4 ore in tutto. Giunti un centinaio di metri sotto l'imbocco ci togliamo gli sci e proseguiamo a piedi, la neve è relativamente compatta e permette una progressione accettabile, a tratti si sprofonda, ma spesso si riesce ad individuare la linea di neve buona da seguire per fare meno fatica. Giunti al primo salto e sia io che Andrea non arriviamo all'idea di passare quest'ultimo sulla destra su un piccolo pendio molto pendente ma breve. Andiamo invece dritto per dritto seguendo due linee diverse, io sto sulla sinistra e salgo su un misto di neve e roccia esposto ma agevole, Andrea sceglie di incunearsi tra due rocce seguendo una linea meno esposta ma non più semplice in quanto farà fatica a riemergere in superficie e a uscire. La progressione continua su terreno più facile e più aperto, siamo molto fiduciosi e in lontananza vediamo il prossimo ostacolo che ci pare ingannevolmente innocuo: è il salto che in discesa si supererà con la calata. Sono 3 forse 4 metri in tutto, una parete formata da qualche grossa roccia che genera però uno strapiombo, di solito qui è presente anche ghiaccio. Arriviamo alla base e capiamo subito che non sarà affatto semplice come pensato. Ai piedi delle rocce c'è un vero e proprio buco, di ghiaccio ce ne è pochissimo, risultato: niente dove appoggiare i piedi per arrampicarsi sulle rocce e andare a pescare il ghiaccio sovrastante per tirarsi sù. Decidiamo di legarci e Andrea parte per superare l'ostacolo: 10-15 minuti di tentativi e nulla di fatto. Ci provo io, provo a cercare qualcosa per i piedi ma niente, lì a sinistra dove sembra più facile, dopo un paio di insuccessi mi giro a destra e provo a cercare una linea qualsiasi, non provo però nemmeno ad arrampicare perchè non trovo nulla che reputi abbastanza sicuro. Andrea mi dice: beh se non va possiamo provare con la piramide umana, intanto togliti lo zaino che almeno sei più leggero. A volte in montagna come in molte altre situazioni della vita l'arte d arrangiarsi torna utilissima: come metto lo zaino ai miei piedi, infilzando gli sci nella neve alla base delle rocce Andrea non esita e mi dice: "Usa lo zaino, salici sopra!" Un fulmine a ciel sereno: è vero, cavolo che idea geniale! Lo zaino mi regala l'appoggio mancante a lungo cercato ma fino a quel momento invano! Salgo e finalmente ho alla portata di picca la sottile ma stabile patina di ghiaccio che ricopre la roccia sovrastante, poche bacchettate con le picche e ho un paio di bei fori che tengono, posso portare sù l'altro piede e quindi di nuovo il sinistro su una bella tacca dove sta comodo mezzo scarpone: ora sono dentro, non si torna indietro, ancora 3-4 movimenti delicati e sono sopra, quindi filo via dal bordo delle rocce e riguadagno una bella neve compatta, qualche passo e sono arrivato alla sosta (1 chiodo e 1 spit). Sono così felice che in quegli ultimi passi ho fin urlato, si può andare avanti, anche Andrea è felicissimo. Lo assicuro dall'alto aiutandolo nella risalita (per forza di cose dovendo lui salire con lo zaino e con il mio zaino legato a seguire).
Ora sappiamo per certo che scieremo il canalone, bisogna ancora arrivare in cima e il percorso sarà lungo, faticoso ma senza più ostacoli. Alle 14.00 un bellissimo sole ci abbraccia sul lato Sud, lungo la normale ci sono tante scie di altri sciatori, ma in quel momento siamo noi 2 soli e la montagna...Ci godiamo un sorso di tè caldo e mettiamo qualcosa sotto i denti. Non possiamo aspettare in eterno c'è da ritornare a valle.
La sciata è grandiosa, impegnativa, ma bella di soddisfazione, la neve è a tratti polverosa, in altri tratti troviamo qualche accumulo e infine un pò di crosta qua e là, ma anche qui come sull'Holzer del Sella si scende bene. I 30 metri prima della calata non li sciamo ma scalettiamo aiutandoci con la picozza, meglio non rischiare inutilmente di fare errori. Ci caliamo, io scendo da secondo e ho l'ingrato compito di far su di nuovo la corsa mentre Andrea si precipita a vedere più in basso dove c'è il primo salto di roccia. Avendolo arrampicato ci aspettiamo di dover allestire una seconda doppia arrangiandoci con il nostro corpo morto, ma invece quel tratto aggirando a sinistra è sciabilissimo e con neve ottima. Siamo quasi fuori dai giochi, ancora poche curve con la pendenza che molla e il canalone che va ad aprirsi, questo ultimo tratto fin giù sulla strada è speciale: il sole ci abbraccia di nuovo, ci accarezza. Possiamo scendere spensierati, pennelliamo le ultime curve, ci giriamo, scattiamo ancora le ultime foto, il nostro sguardo è tutto per la montagna, per quella linea magica che ci ha fatto sognare.
Arriviamo all'albergo che sta sul passo, ora vogliamo solo asciugarci un pò, bere una meritata Radler e goderci la nostra montagna con la luce del pomeriggio. Giunti alla terrazza, iniziano ad avvicinarsi tutte le persone che quel giorno passeggiando nella zona, buttando l'occhio sul canalone hanno visto due sagome prima arrampicarsi, poi a lungo indugiare presso il salto di roccia e infine scendere quella linea bianca in mezzo a quelle pareti. Una signora, la Signora Renata ci ha anche fatto delle foto, ci racconta che viene lì da più di 40 anni e che non aveva mai visto nessuno scendere quel canalone, altre persone si avvicinano e ci fanno domande...forse solo in quel momento abbiamo realizzato veramente quello che eravamo riusciti a fare.
Siamo contentissimi, è stata una giornata da incorniciare, ma il nostro viaggio prosegue, ci infiliamo le scarpe e risaliamo in macchina: si parte per la Val Aurina, siamo solo a metà del nostro programma di 4 giorni...alla fine ce ne saranno ancora di cose belle da raccontare.

mercoledì 12 marzo 2014

Un giorno di Marzo sul Sella, Canaloni Joel, Larsei e Holzer

Giovedì sera, sono le 19.00 e sono ancora in ufficio a Stoccarda, riunione con tutti i capi e i colleghi, io però scalpito, la giornata è stata lunga e impegnativa, ma non è ancora finita: stasera appena potrò lasciare lo studio si parte....un Week End lungo in Dolomiti con Andrea. In programma? Tante cose, io però dovevo soprattutto riuscire a volare a casa, prendere la macchina e correre verso Sud, 5 ore di viaggio trampando quando possibile sulla A7 (siamo in Germania, che piaccia o no, qui non c'è il limite di velocità). Sento Andrea verso mezzanotte e mezza mentre sto scendendo da Passo Gardena, direzione Corvara in Val Badia. Devo trovare un posto dove passare la notte, il giorno dopo andremo sul Sella dal Passo Pordoi ma di guidare fin là ormai non ho più voglia, inoltre avevo una mezza parola con il mio amico di trovarsi a Corvara. Poco male, mi dirigo verso il Passo Campolongo, poco fuori dal paese dopo le prime curve individuo uno spazio promettente dove parcheggiare: fatta si dorme qui. Prima di 4 notti allo stato brado, di vita in macchina e con gli sci ai piedi. Mangio qualcosa e mi infilo nel sacco a pelo.
Mattina, mi dirigo al Passo Pordoi, il tempo è splendido, parcheggio, mi metto su un caffè e mangio del Muesli godendomi il sole. Andrea mi arriverà con un'ora e mezza di ritardo rispetto all'orario stabilito...ammetto di aver avuto il tempo di accumulare un pò di nervoso nell'aspettare invano e vedermi passare davanti orde di sciatori pronti per il divertimento. Alla fine le mie preoccupazioni rimarranno infondate: riusciremo a fare tutto quello che avevamo in programma con ottima tempistica per le condizioni della neve (il Joel forse avremmo anche potuto aspettare un pò di più per trovarlo perfetto ma poi l'avremmo pagata sul Larsei), inoltre non incontreremo molta gente, le mete da noi scelte sono già relativamente selettive sebbene l'Holzer è un "must" per chi bazzichi il Sella, nonostante rimanga impegnativo.
CANALONE JOEL _ Dall'arrivo della Funivia si scende verso la forcella Pordoi, da qui si risale in direzione del Piz Boè, si prende la stessa traccia che usano tutti per andare verso la Val de Mezdì, solo che la si lascia molto, molto prima, proprio poco dopo la forcella si risale un pendio per forse una cinquantina di metri e si arriva all'attacco. Il canalone parte subito pendente arriva ai 45° e le prime curve sono già impegnative, noi lo abbiamo trovato solcato e con la neve ancora un pò troppo duretta. Quando si arriva alla strettoia essendo il canalone in quel punto tendenzialmente in ombra, la neve cambia completamente diventando polverosa, quindi nonostante lo spazio ridotto quel tratto lo abbiamo trovato ben sciabile, in uscita nessun problema, ci siamo tenuti a destra andando a ricongiungersi con la discesa classica che dalla forcella Pordoi riporta al Passo.
CANALONE LARSEI _ Di meno facile individuazione, lo scendiamo per secondo, dalla Forcella Pordoi si riprende la traccia che porta alla traversata per raggiungere la Val de Mezdì, questa volta si abbandonerà quella traccia in corrispondenza della sella che davanti alla cresta Sud-Ovest del Piz Boè (per risalire il breve tratto abbiamo messo su le pelli), da qui il canalone si trova tra la punta Larsei e la Joel (non sono del tutto sicuro di questo), il canalone parte come un vallone piuttosto ampio e poco pendente che da modo di incassare qualche curva e scaldarsi un pò. Dopo il primo tratto il canale si restringe e diventa molto pendente, scesi ancora un tratto è talmente stretto che non rimane molto spazio ai lati con gli sci di traverso: in questo punto c'è una calata che però noi non abbiamo fatto, non necessaria vista la grande presenza di neve. A valle di questo tratto il canalone si apre in un vallone che punta diretto all'Ossario del Pordoi. in questo itinerario abbiamo sciato sempre su ottimo firn, perfetto orario, non un'ora troppo presto o troppo tardi.
CANALONE HOLZER _ La giornata non è ancora finita, ci manca lui, il Kaiser...se non per la difficoltà elevata ma inferiore rispetto al Larsei, il canalone Holzer è un "trofeo" ambito per ogni amante del ripido e non può mancare nel proprio curriculum. Aspetto questo momento da tempo, da quando sono venuto a conoscenza di questo canale. Lo troviamo in condizioni a dir poco eccezionali: ottima neve polverosa, 50° nei punti più ripidi e non sentirli, saltando ogni curva. Questa è stata la discesa più bella della giornata, così bella che ero pronto a rifarla appena arrivato alla fine. Anche qui la calata in doppia è saltata, il masso che ostruisce il canale non lo abbiamo proprio visto, ci siamo passati sicuramente sopra. Il canale termina in Val Lasties, da qui ci si tiene sulla sinistra e si discende un altro bel vallone, molto semplice e si arriva sulla strada, tenendosi ancora a sinistra si arriva agli impianti che permettono di rientrare al Passo Pordoi. Noi però giunti sulla strada abbiamo puntato direttamente il rifugio presente per brindare con una bella radler e mettere finalmente qualcosa sotto i denti. Primo giorno perfetto con 3 canaloni fantastici in saccoccia, riprendiamo le macchine contenti e andiamo verso La Villa, qui facciamo un minimo di spesa e poi davanti ad un'altra Radler decidiamo con calma il da farsi. Alla fine il piano è qualcosa di veramente unico nel suo genere, è deciso: si va al Passo delle Erbe, l'obiettivo è il canale Nord del Sass De Putia, una linea di almeno 500m che arriva ai 50° con una calata in doppia. Ma questa è un'altra storia....